La Mandria delle Apertole vanta storia e tradizione centenaria
In queste pagine riportiamo il sunto della relazione dello storico Giovanni Franco Giuliano, che narra la cronistoria della nostra tenuta, certificandone il nobile passato che ancora oggi si riflette in una qualità di riso senza eguali
La grande piana delle Apertole, distesa tra i confini dei comuni di Livorno Ferraris, Fontanetto, San Genuario e Crescentino, già di diritto ab antiquo dell'Abbazia dei Santi Michele e Genuario di Lucedio ma trasformatasi nel tempo in pascolo comune dei borghi frontisti, ha sempre dato adito a liti per l'uso e di confine.
Livorno vantava diritti antichi, rifacendosi ad una divisione del 1263 di beni prediali della famiglia de Silys. Di contro, Crescentino vantava diritti richiamati alla testimonianza dell'abate di San Genuario, resa nel 1392 al commissario visconteo, secondo cui le Apertole erano un diritto a capo di San Genuario e Crescentino, mentre nessun diritto spettava agli uomini di Livorno.
Si riporta che il 31 ottobre 1383 le guardie campestri crescentinesi sorpresero gli inservienti del nobile Antonio Isola di Livorno a tagliare l'erba nelle Apertole, comminando loro una multa di 30 soldi.
Queste dispute fra Livorno e Crescentino durarono secoli, accompagnate anche da azioni bellicose, uccisioni di persone e roghi di case.
Nel 1499 tali dispute si placarono con la suddivisione della superficie delle apertole, assegnata per un terzo ad uso dell'Abbazia di San Genuario e alla Comunità di Crescentino e per due terzi al marchese di Monferrato, subentrato nei diritti al Comune di Livorno.
In tutto questo periodo, la superficie agraria rimase destinata a pascolo. La stessa destinazione perdurò anche oltre al 1631, anno nel quale i terreni e fabbricati delle Apertole entrarono a far parte delle proprietà di Vittorio Amedeo I, ossia dei marchesi di Savoia.
Nel 1721 partì il progetto dei Savoia, nella persona del Conte di Montalenghe, di destinare una parte delle terre all'allevamento dei cavalli e una parte alla produzione di colture cerealicole, con la costruzione di fabbricati per ospitare i bestiami, le masserizie e, soprattutto, i contadini. Il progetto prevedeva la costruzione di 26 cascine integrate in 7 grange, con un cospicuo investimento di denaro da parte della casa Savoia.
Nel 1734 venne costruita la nostra cascina, denominata San Sebastiano.
Il 22 dicembre 1741, l'avvocato Carlo Onorato Sarterio, direttore dell'Azienda Mandria di Venaria, redasse il conto delle spese necessarie per ridurre a coltivo "li pascoli de' cavalli da razze alle Apertole e dei redditi che si possono ricavare da quelli". Si palesava quindi la necessità di una variazione produttiva delle varie cascine dopo l'introduzione, nel 1736, della coltivazione risicola e la consequenziale riduzione dell'allevamento equino; in ogni cascina l'arativo era destinato per il 33% a riso, il 22% a frumento, l’11% a segala, il 17% a marzaschi (ceci, fagioli ma anche granturco) e il restante a colture da rinnovo (ravizzone, colza, veccia, fave), capaci di rinnovare attraverso la pratica del sovescio la fertilità del suolo.
Nel 1758 il marchese Giuseppe Roberto Solaro di Breglio, consigliere del re, definì il sito delle Apertole ideale per la coltivazione del riso. Da quel momento vennero progressivamente eliminati dapprima l'allevamento dei cavalli e poi anche le altre colture e i pascoli, fino ad arrivare ai giorni nostri, in cui il riso continua a dominare nelle terre della Cascina.
scarica la cronostoria completa della nostra tenuta redatta da Giovanni Franco Giuliano